Sono state realizzate 8 interviste così distribuite: due insegnanti di scuola dell’infanzia statale, due educatrici di nido comunale, un’educatrice/coordinatrice di nido privato, un’educatrice di centro per l’infanzia privato, due coordinatrici pedagogiche.
Le persone intervistate hanno accolto con interesse la metafora di Morin, la quale ha attivato a sua volta un ampio immaginario.
“La prima cosa che mi ha colpito di questa metafora riguarda il movimento del navigare che è diverso dal movimento del camminare dritto: il movimento del navigare implica l’oscillazione … molto spesso ci si è trovati ad oscillare fra vissuti molto diversi, momenti di criticità asfittici molto negativi e cupi e momenti invece di speranza, di senso, di voglia di fare, di positività. In questo oscillare fra questi vissuti non è sempre facile starci. Abbiamo la consapevolezza che né l’uno e né l’altro scenario è quello possibile, c’è qualcosa nel mezzo e questo qualcosa è incerto, ma a un certo punto ci permette di mettere il piede in un altro punto, stabile, che è in contatto con la realtà ed è il momento in cui si tocca la terra ed è il primo passo di una nuova prospettiva inedita”. Giada (educatrice centro per l’infanzia)
“Mi immagino un movimento, quindi lo inserisco all’interno di un panorama unico, quello del navigare in un oceano di incertezza contemplativo, un navigare lento, costante per poi approdare a un momento in cui la certezza diventa il momento in cui questo ragionamento che si è avuto durante l’incertezza diventa attivo. Quindi da una parte la contemplazione dell’altra l’azione, io me lo immagino così”. Giovanna (Coordinatrice pedagogica servizi 0-6)
La metafora è risultata in assonanza con il mondo dell’educazione, sono state trovate chiavi di interpretazione fortemente ancorate alla realtà lavorativa dei servizi per l’infanzia e sono emersi diversi punti di vista.
“E’ una frase molto bella, che interroga tantissimo. Io faccio questo lavoro da 17 anni e ho visto tantissimi cambiamenti”. Daniela (insegnante scuola dell’infanzia)
“Grazie per questa opportunità che mi è stata data, ho riflettuto molto sulla tematica proposta, questa metafora mi è piaciuta moltissimo … per me è un continuo stato di incertezza”. Fabiana (educatrice nido d’infanzia)
“Il tema dell’incertezza penso che sia un tema antico, non solamente dei giorni nostri. E’ un tema molto ampio e penso che l’incertezza sia per certi versi una dote”. Giovanna
Alcune riflessioni sono partite dalla quotidianità per collegarla al panorama sociale.
“La prima cosa che mi è venuta in mente leggendo questa frase è che quello è il nostro lavoro, perché noi ogni giorno, anche al di fuori della pandemia, viviamo nell’incertezza perché non lavorando con delle macchine, ma con delle persone, ogni giorno è diverso dall’altro”. Daniele (educatore nido d’infanzia)
Altre hanno seguito il percorso inverso, partendo da una visione globale per poi giungere ad esempi di vita quotidiana in ambito educativo.
“Ho notato che le nuove generazioni sono evolute talmente tanto da essere velocissimi negli apprendimenti, nella crescita, nella ricerca, quindi sulla base di questo cambiamento globale della società ho voluto lavorare con loro più sul concreto, perché sono talmente veloci tanto quanto sfuggevoli queste annate”. Enrica (insegnante scuola dell’infanzia)
L’oceano di incertezza sembra unanimemente pervadere il lavoro di chi educa: “credo che Morin volesse intendere il fatto – e concordo pienamente – che sia necessario educare la mente ad affrontare a ricevere quello che è inaspettato e quindi tutti i rischi che le incertezze ci portano. Penso che è vero, abbiamo tante certezze,
ma viviamo nelle incertezze e questo al nido è molto molto vero” Donatella (educatrice/coordinatrice nido d’infanzia)
Gli arcipelaghi di certezza sono stati declinati da diverse prospettive: certezza sono i bambini e la loro capacità di attivare la relazione e rinnovare lo sguardo sul mondo.
“Quello che però mi viene da dire è che ci sono i bambini no? i miei arcipelaghi di certezza sono i bambini e le bambine nel senso che in qualche modo, nonostante tutto, la relazione resta sempre”. Daniela
Certezza è la professionalità e la formazione, di cui ci si nutre per trovare chiavi di lettura della realtà che permettano di far fronte ai cambiamenti.
“I nostri arcipelaghi di certezza sono le nostre conoscenze, il nostro essere educatori, la nostra professionalità”.
Daniele
Ma più di tutto certezza è il gruppo di lavoro, approdo sicuro che permette di venire a patti con i propri limiti e che sostiene nei momenti di necessità.
“Lavorando con le équipe di lavoro – con le insegnanti e con le educatrici – mi sento di dire che gli arcipelaghi di certezza sono comuni, spero almeno questo – perché è il lavoro che stiamo cercando di fare – condividere quali sono questi nostri arcipelaghi di certezza. Per me uno e fondamentale è il confronto, il dialogo, sempre! Quando ti trovi davanti all’incertezza forse l’unica risposta è prendersi del tempo e confrontarsi e mettere assieme le qualità o i pensieri di ognuna”. Silvia (Coordinatrice pedagogica servizi 0-6)
I concetti di approfondimento, presentati a coppie, hanno permesso di far emergere ulteriori interessanti precisazioni. Ad esempio nella coppia VARIABILITA’/EQUILIBRIO viene descritto quel gioco mai finito che sperimenta costantemente chi educa: tra necessità di adattamento continuo e capacità di stare e sentirsi stabili con se stessi. Le situazioni mutabili sono rappresentate tanto dai bambini, dalle loro differenti personalità e dalle esigenze delle loro diverse età, quanto dai momenti storici, di cui la pandemia è l’esempio più forte.
“E devi essere pronto e attivo, riuscire a cambiare il tuo modo di comportarti perché con bambini di tre mesi si possono fare determinate cose e con bambini di tre anni altre. Il tutto però deve sempre rimanere in equilibrio perché ovviamente devi equilibrare intanto te stesso e poi devi mantenere l’equilibrio tutto intorno ai bambini”. Daniele
Il rapporto tra INCERTEZZA e FIDUCIA viene descritto come una nave nella tempesta: sferzata dai venti e dalle onde, ma al contempo governata da mani esperte, capaci di avere in mente un porto sicuro e di affrontare le difficoltà immaginando sempre di potercela fare.
“Riconoscere ai bambini la fiducia che sono loro i veri portatori dei loro bisogni di conoscenza, quindi non serve che devo essere io per forza sempre il loro capitano” Fabiana
La coppia di concetti FRAGILITA’/CORAGGIO è stata declinata attraverso la narrazione di ciò che accade nei bambini e di quei momenti in cui essi si manifestano fragili all’interno delle esperienze quotidiane: “mettersi davanti a tutti i compagni e raccontarsi … provare a mettere le mani nella sabbia, i piedi nell’acqua”. Enrica La fragilità è stata letta come manifestazione della paura: “paura estrema di confrontarsi, di mettersi in rapporto, di gareggiare con l’amico per paura di perdersi, di perdere se stessi, perdere la stima delle maestre, degli amici”. Enrica
Ecco allora che il coraggio viene considerato come la capacità di superare i momenti di passaggio avendo fiducia nelle proprie capacità. Questa coppia di concetti sembra potersi porre in dialogo con la successiva.
Il rapporto tra LIMITE e POSSIBILITA’ è stato considerato molto stretto in quanto “far vedere un limite è dare una possibilità, dare una possibilità di non disperdersi”, come se lo “stare dentro a una forma, avere l’idea che c’è un confine” permettesse più ampie e sicure esplorazioni. “I bambini cercano il limite, lo vogliono sperimentare” e poi “il limite dà anche la possibilità di interrogarsi su: dopo di questo che cosa c’è? Ma nello stesso tempo mi dà anche la possibilità di stare qui e guardare quello che ci sarà dopo”. Entra così in campo la possibilità intesa come libertà di scelta.
“La bambina che è in cima allo scivolo trova un limite, su questo limite lei può sbatterci la testa oppure decidere di usarlo come spinta, oppure decidere di fermarsi lì e usarlo come altro elemento per sollevarsi a fare altre cose. Quindi il limite è anche un punto dell’azione dove io posso fermarmi, posso stare a guardare, posso utilizzarlo, posso spostarlo, posso giocare anche con questo limite. Ecco quindi il concetto di possibilità è strettamente correlato al concetto di limite; se non ci fossero limiti non ci sarebbe possibilità”. Giovanna
Per quanto riguarda le soglie, esse evocano a loro volta dimensioni di complessità e incertezza, come pure di integrazione e apertura.
Per la soglia MASCHILE/FEMMINILE viene segnalata nell’attualità una forte polarizzazione dei generi, ad esempio con una stereotipizzazione nell’abbigliamento e nelle modalità di gioco. La valorizzazione delle differenze sembra poter essere una delle strade da percorrere in ambito educativo. E’ importante “creare le condizioni perché le bambine possano sperimentare anche loro un gioco maggiormente fisico, così come i bambini possano sperimentare altri canali oltre a quello fisico, canali cognitivi o di gioco simbolico … lavorare un po’ per quella che si chiama compensazione di genere così da permettere l’esplorazione di codici cognitivi, relazionali e simbolici del maschile e del femminile, per aprire gli orizzonti, per scoprire i propri talenti, per capire le proprie capacità”. Daniela
La soglia PERSONALE/PROFESSIONALE si trova a fare i conti con la giusta distanza e con il fatto che le due dimensioni “inevitabilmente si mischiano”.
“Ci sono delle giornate in cui una di noi può essere nella sua giornata no o in un suo periodo no e sappiamo che possiamo delegare, questo secondo me è molto importante in questo tipo di lavoro. Se un giorno quel bambino non entra in sintonia con noi e sappiamo che non riusciremo ad essere professionali, sappiamo che possiamo delegare”. Donatella
Ambivalenze anche rispetto alla soglia del VIVENTE/DIGITALE, tant’è che nei servizi se ne sta ancora discutendo parecchio.
“Abbiamo vissuto tanto virtuale perché il vivente e il contatto diretto c’era impedito, così abbiamo cercato di trarre tutto il positivo possibile da questo approccio e abbiamo capito che tutto sommato il virtuale non è proprio un qualcosa da escludere … è uno strumento che va mediato, di questo sono certa … all’interno dei servizi educativi secondo me è possibile e doveroso al giorno d’oggi provare a fare un pensiero su come poter inserire anche questa possibilità”. Silvia
Infine, anche la soglia FRAGILITÀ/POSSIBILITÀ ha aperto significative idee nel campo dell’educazione alla complessità, ponendo in dialogo questi due concetti.
“Il legante per accompagnare la fragilità e la possibilità è quello della delicatezza. E ancora una volta diventa importante offrire tante possibilità espressive… perché sostanzialmente una fragilità va accolta e curata, quindi innanzitutto espressa, perché allora può essere vista e ci si può entrare in dialogo”. Giada
Le persone intervistate hanno offerto visioni in cui possiamo ritrovare tracce autentiche della quotidianità nei nidi e nelle scuole, ci raccontano quanto il lavoro educativo sia dinamico, in continuo divenire e necessiti di costante cura e impegno. Le loro voci permettono a tutti noi di fermarci a riflettere e ri-pensare ai bambini.
Grazie a: Daniela Paci, Donatella Palmieri, Daniele Di Rofi, Silvia Contino, Giovanna Ballis, Fabiana Ritossa, Enrica Scribano, Giada Matricardi.
Manuela Cecotti
formatrice e tutor per i tirocini presso l’Università di Udine